Settimana europea della mobilità sostenibile

Settimana europea della mobilità sostenibile

Modelli e pratiche nell’arco alpino e appenninico per garantire i diritti alla mobilità nelle aree montane e a bassa densità e promuovere forme di mobilità a basso impatto


1] Nelle aree montane e a bassa densità è necessario corrispondere in termini innovativi alla domanda di mobilità delle persone e predisporre un’offerta di servizi costituita da un ventaglio di modalità flessibili e sostenibili. Nel corso di un evento organizzato dalla Comunità di Montagna della Carnia, dallo Sportello Europe Direct e da Cramars soc coop, nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, sono stati in particolare approfonditi i modelli e le pratiche per garantire i diritti alla mobilità nelle aree marginali e promuovere forme di mobilità a basso impatto e capaci di assecondare le esigenze di spostamento e di accessibilità delle comunità.  

 pastedGraphic.png  pastedGraphic_1.png pastedGraphic_2.png

La mobilità è un diritto ma è al tempo stesso un criterio attraverso cui si misurano gli standard di qualità della vita delle comunità e in grado di orientare le decisioni delle persone nel rimanere a vivere e lavorare in queste aree. L’accessibilità ai luoghi e la fornitura efficace di servizi di mobilità assumono valore in contesto nazionale caratterizzato da «territori in declino»: non solo il 55% dei Comuni è «a disagio» [4.395 su 7.954] ma almeno il 30% dei Comuni italiani [2.400] presenta tassi di declino più accentuati rispetto ad altri e oltre 200 Comuni sono senza alcun presidio considerata la carenza di servizi sociali ed economici ed il loro modesto livello qualitativo lasciando così 14 mln di persone in una situazione iniqua. Il declino si salda naturalmente alle «dinamiche» che accompagnano i territori dalla regressione demografica alla riduzione delle imprese e dei posti di lavoro fino al ridimensionamento delle capacità di produzione di beni e servizi ecosistemici

I riflessi dell’evoluzione territoriale si interpretano facilmente attraverso l’adozione del criterio della «domanda di mobilità» nelle relazioni «casa–scuola» e «casa–lavoro» che rimanda due situazioni contrapposte: si riducono gli spostamenti in alcune realtà geografiche alpine come in Piemonte ed in Friuli Venezia Giulia e in quasi tutto l’Appennino centrale, mentre questi si consolidano nell’arco alpino costituito dalla Valle d’Aosta, dal Trentino Alto Adige e parte della Lombardia nonché in aree dell’Appennino tosco – emiliano. All’interno di queste aree interne, gli spostamenti quotidiani e le forme di mobilità non si discostano oltremisura dalle altre realtà periurbane con il 25 % delle persone che utilizza i mezzi pubblici in modo consuetudinario e il 74 % dei lavoratori che usa esclusivamente il mezzo privati per realizzare i propri spostamenti ed il 7,0% i mezzi pubblici; in alcuni contesti manifatturieri pedemontani, l’adozione di esperienze sperimentali sharing ha coinvolto almeno il 7 % dei lavoratori nella condivisione dell’auto con i colleghi; il 26,6% utilizza degli studenti utilizza i mezzi pubblici e si registra un 38 % che usa unicamente i mezzi privati (in particolare per persone con età superiore ai 25 anni) mentre il 6% adopera entrambe le modalità. 

Questi dati forniti da ricerche diverse oltre a rappresentare un quadro della situazione permette di riconoscere gli spazi di intervento possibili per diffondere forme di trasporto sostenibile e adottare modelli aderenti ai territori di montagna e alla domanda di mobilità delle persone che vi abitano e lavorano. 

2] Nel 70% del territorio nazionale risiede il 30% della popolazione che esprime bisogni spesso non assolti dalle politiche pubbliche.

Va dato atto alla Strategia Nazionale per le Aree Interne di aver rimesso al centro del discorso
la progettazione del sistema dei trasporti e la gestione della mobilità fornendo un approccio che potessero coniugare diritti e welfare [la promozione dei diritti alla mobilità in primo luogo a favore delle persone deboli e «fragili» anche attraverso il coinvolgimento del volontariato e le «cooperative di comunità»] con l’accessibilità territoriale [tramite la spinta a progetti di rafforzamento e ri-articolazione dei servizi di tpl «a chiamata» nelle «ore di morbida» e l’avvio di trasporti nella modalità sharing, sia nei contesti di valle sia nelle relazioni tra i luoghi e i poli attrattori e centri maggiori esterni alla valle. La Strategia nazionale incardinata in 71 progetti locali e 1.066 Comuni cointeressati ha in ogni caso messo in evidenza che in assenza di un «governo della mobilità» di area vasta in cui assicurare la partecipazione di Comuni, imprese [sia del trasporto sia manifatturiere e dei servizi] e soggetti del territorio [dalle Agenzie di sviluppo locale alle associazioni di volontariato] appare arduo dare vita a politiche strutturate e durevoli in grado di migliorare l’offerta di servizi di trasporto e corrispondere alle domande differenziate di mobilità.

     pastedGraphic_3.png pastedGraphic_4.png  pastedGraphic_5.png

Alcune Regioni e Province [Piemonte, Alto Adige, Emilia Romagna e il gruppo Marche, Abruzzo, Molise e Puglia] hanno, dall’altro canto, utilizzato la programmazione europea [in particolare gli Interreg, nelle versioni Spazio Alpino, Central Europe e Cadses, e il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione] per favorire la mobilità nelle aree a bassa densità e per rafforzare l’accessibilità tra le diverse parti dei territori montani. Attraverso la lente di questi progetti si comprendono alcune questioni problematiche che attraversano da nord a sud le comunità locali e comuni obiettivi da raggiungere. Emerge anzitutto la necessità di puntare sul trasporto a chiamata e di assecondare gli spostamenti nei luoghi di lavoro attraverso l’adozione di modelli di car sharing e car pooling, anche ai fini della riduzione delle emissioni [Piemonte] e di incrementare il trasporto pubblico e collegare le frazioni con le stazioni ferroviarie, i centri maggiori e le località turistiche [Emilia Romagna]. I processi di sviluppo della mobilità sostenibile e a basso impatto, sia essa collettiva, elettrica o condivisa, e dell’intermodalità [auto-treno, bus-treno, bici-treno] devono poi avvalersi di sistemi di trasporto intelligenti Its [Intelligent Transport System, Direttiva 2010/40/UE] che permettono una connessione continua e pervasiva tra cittadini, viaggiatori e turisti, da una parte, e veicoli, unità di bordo strada e centri di controllo del traffico, dall’altra, e dell’erogazione di informazioni  semplici e accessibili riguardo le differenti soluzioni di mobilità [Alto Adige]. La sperimentazione e l’applicazione del trasporto a chiamata richiedono l’allestimento di piattaforme di prenotazione e l’utilizzo di software di infomobility, per una efficace programmazione dei servizi,  ed il coinvolgimento dei gestori del Tpl che hanno la possibilità di integrare i tradizionali servizi con l’utilizzo di minibus e, nel contempo, di recuperare una quota di risorse dovute alle rigidità o alle inadeguatezze del sistema [Marche, Abruzzo, Molise e Puglia]. L’aspetto più critico di queste esperienze di corrispondere alla domanda di mobilità nelle aree a bassa densità e in montagna e di influire sugli impatti del traffico è dato dal fatto che non assumono, o non hanno assunto, caratteri strutturali e sistematici. Rappresentano, in pratica, buone sperimentazioni ma che non riescono a prefigurare nuovi modelli di trasporto e a generare riconversioni permanenti nella domanda di mobilità.

pastedGraphic_6.png pastedGraphic_7.png pastedGraphic_8.png 

3] Le esperienze perseguite nel corso degli ultimi anni alla scala locale e nell’ambito delle valli montane, alpine ed appenniniche, sono interessanti e in taluni casi curiose. In ogni caso hanno rappresentato e, non poche, rappresentano tuttora risposte originali di natura privata e pubblica al bisogno di muoversi ed accedere in libertà e nell’arco della giornata ai luoghi, ai servizi pubblici e sanitari, alla scuola e al lavoro senza vincoli determinati dalla rigidità di orari o da carenze nella distribuzione dei servizi di trasporto pubblico. 

Dallo Sherpabus privato della Valle Maira [Cuneo] al Car Pooling Hub dell’Unione Montana Alta Langa [Cuneo], dal Servizio “7Sì” della Comunità Montana delle Valli di Lanzo [Torino] al servizio di trasporto da “ordinare” e “fermare” della Valsesia [Vercelli], dal Taxi bus della Comunità Montana Oltrepò Pavese[Pavia] al Chiama bus dell’Agenzia Tpl di Bacino dell’Alta Valtellina [Sondrio], tanto per riportare alcune esperienze maturare nell’arco alpino. Dallo stesso contesto appenninico  sono emerse soluzioni interessanti come il ColBus dell’Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese [Bologna] ai Servizi di trasporto flessibili e a richiesta, integrati e digitalizzati del Basso Pesarese –  Anconetano, dal Servizio di trasporto intercomunale a chiamata dell’Alto Sangro fino alla riorganizzazione del Trasporto Pubblico Locale promossa dalla siciliana Unione delle Madonie. 

Esiste un filo comune che lega questo variegato patrimonio di esperienze: quello di rimodellare l’organizzazione tradizionale dell’offerta pubblica di trasporto per raggiungere qualsiasi località in ogni momento e concorrere ad elevare gli standard di qualità e sostenibilità ambientale ed energetica  dei servizi di mobilità [cfr. Progettare la mobilità pubblica al tempo della pandemia di Paolo Zaramella, Verso un nuovo modello territoriale di trasporto pubblico locale di Michele Colusso].  In ognuno di questi progetti sono ricorrenti le parole come pubblico-privato e residenti-turisti, studenti-lavoratori e utenza debole, ridondanze e sovrapposizioni, flessibilità e trasporti «tematici»,  intermodalità ed integrazione  modale [cfr. Flussi di mobilità e valore territoriale di  Francesco Nesich], piattaforme e digitalizzazione utilizzate per raggiungere obiettivi mirati e ottenere benefici individuali e comunitari.

pastedGraphic.png

4] Esistono al tempo stesso limiti che attraversano ognuna delle esperienze riconducibili, tra gli altri a due fattori: a) la programmazione e pianificazione regionale che non alimenta la «disruption» di tradizionali modelli di fornitura dei servizi, asimmetrici rispetto alle esigenze dei «restanti» nella aree interne [peraltro in progressivo calo],  inefficaci leve per attrarre nuovi abitanti ed incapaci di aumentare l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico; b) l’impossibilità ad assicurare struttura decennale ai progetti di mobilità territoriale in cui poter conciliare diverse esigenze di mobilità [salute, scuola, lavoro, turismo] attraverso la pervasività dei servizi e l’utilizzo di modalità a basso impatto.

pastedGraphic_1.png

5] “Mandate a dire all’imperatore che tutti i pozzi si sono seccati”. Questo è il primo verso di una bella poesia del poeta friulano Pierluigi Cappello. I pozzi [il numero degli abitanti delle aree interne, i loro diritti di potersi muovere ed accedere in modo sostenibile e a costi accettabili, le esigenze dell’ambiente e dell’aria] non si sono seccati ma stanno per esserlo.  E’ questo il tempo per essere lungimiranti e rigorosi e fare in modo che il 30% della popolazione che abita e spesso lavora nel 70% del territorio nazionale distante dalle città, dai principali servizi e dai luoghi di lavoro e della produzione  possa disporre di condizioni di equità e favorevoli allo sviluppo e, anche da questo versante, far fronte alle sfide della contemporaneità. Siamo chiamati come comunità ad essere visionari e concreti e, in virtù di questo atteggiamento e parafrasando Youval Noah Harari, si tratta di “aprire un nuovo varco” dove, come suggerisce Giuseppe Dematteis, le fruizione reale dei diritti, che appartengono alla dimensione della “civitas”, deve procedere di pari passo con la dimensione dell’”urbs”, cioè con la disponibilità di beni e servizi funzionanti. 

In questo senso, le aree interne, la montagna devono appropriarsi di tutte opportunità fornite dalla civitas mentre l’urbs si deve configurare come un prodotto aderente alle condizioni della densità territoriale e agli obiettivi di recupero di persone e turisti, produzioni e prodotti [cfr.Un unico sguardo territoriale: “metro-montagna” e nuove forme di complementarità, reciprocità e collaborazione tra la città e le terre alte di Maurizio Ionico].

Post a Comment